Amnesty o Amnesy International?

L’esercito siriano si appresta a liberare Aleppo e il governo siriano ha promesso una amnistia e un salvacondotto ai “ribelli” che controllano alcuni quartieri da cui peraltro lanciano anche attacchi quotidiani al resto della città. Amnesty International, o forse sarebbe meglio dire Amnesy, continua ad addossare ogni colpa su Damasco e Mosca, chiudendo gli occhi di fronte sia alle violenze dei cosiddetti ribelli, sia di fronte ai civili uccisi dalla coalizione a guida Usa.

La notizia degli ultimi giorni è che l’esercito siriano ha ormai completato l’accerchiamento di Aleppo e si appresta a lanciare una offensiva finale per liberare gli ultimi quartieri in mano ai ribelli. Assad ha promesso una amnistia e un salvacondotto per coloro che decideranno di arrendersi e deporre le armi, e questa è sicuramente una buona notizia dato che potrebbe evitare ulteriori inutili spargimenti di sangue.

Eppure Amnesty International ha colto l’occasione per chiedere proprio all’esercito siriano e di ritirarsi dall’area di Aleppo per liberare la strada da cui i ribelli facevano transitare i loro mezzi, eppure questa non è certo l’unica strada da cui possono arrivare aiuti per la popolazione. Amnesty per essere credibile dovrebbe essere super partes e dovrebbe quindi prendere le distanze da ogni violenza, tanto da quella governativa quanto da quella dei ribelli, eppure sembra che Amnesty abbia deciso da che parte stare assumendo un approccio del tutto manicheo.

Amnesty, o forse sarebbe meglio dire Amnesy. accusa il governo siriano di bloccare l’ingresso di aiuti nelle aree assediate e di usare la fame come arma di guerra, e la Russia di realizzare attacchi aerei “illegali” (non si capisce perchè quelli della coalizione Usa dovrebbero essere legali su un territorio di un paese sovrano come la Siria). Inutile dire che Amnesty non ha detto una parola contro i raid della coalizione a guida Usa che ha ucciso oltre 1500 civili, e in questo modo ha perso ogni credibilità dimostrando di essere “schierato” nel conflitto siriano.